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Biografie

Questa è la mia biografia che racconte la mia vita fatta di sofferenza, rischio ,lotta per vincere i pregiudizi sulla sordità! Sono sordo ma il mio cuore è forte, da piccolo dicevano che ero muto ...ma il mio cervello funzionava perfettamente! Tutti mi dicevano sempre: "Dopo..dopo..ma io volevo fatti concreti subito! Fino ad oggi ancora dopo, dopo dopo. Io non sento ma...vi insegno a sentirmi! Io vi INSEGNO a comprendermi, voi potete capirmi ,ascoltarmi ,comprensione non è compassione!

Prima puntata

Questa è la mia vera storia di quando ero un lupetto!
Non dimenticherò mai ...io immerso nelle erbacce alte con l'ansia nel silenzio...
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 EDDY BRISKY: “CENNI BIOGRAFICI”

Sono Edoardo Brioschi ma in arte sono Eddy Brisky. Molti mi definiscono un clown per il modo in cui mi presento e per il trucco che indosso durante le mie performance. Una cosa ci tengo a puntualizzarla; non sono un clown! E lo ripeto, NON SONO UN CLOWN! Amo definirmi MIMO MAGICO. Questo perché è un appellativo che più si avvicina alla mia personalità. Infatti l’idea del Mimo Magico è nata perché ho desiderato l’arte del mimo a quella del prestigiatore. MIMO MAGICO. Lo sono sempre! Perché l’arte mi accompagna fin dall’infanzia. Mia madre mi ha definito un attore quando salivo su un tavolino, approfittando di uno sgabello per dare spettacolo in famiglia. Permea ogni strato della mia personalità bizzarra. Tornando a quando ero bambino (sono nato a Monza in provincia di Milano il 25 novembre del 1957), anzi, esattamente a tre anni il mio spirito artistico mi girò e esibirmi su di un palco davanti a tantissimi bambini e ragazzi che consideravano da come ridevano devono essersi divertiti molto. Da allora l’arte non mi ha mai abbandonata. Ho esercitato le mie doti espressive in svariati modi, sia come autodidatta, usando anche le cabine per le foto tessere per definire le varie espressioni, che frequentando corsi di mimica, più precisamente un corso diretto da Marise Flach presso la civica scuola di arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano e scuole, come per esempio il CMI Club Magico Italiano, dove sono specializzato sia come mimo che come prestigiatore. esattamente a tre anni il mio spirito artistico il mio giro e esibirmi su di un palco davanti a tantissimi bambini e ragazzi che a considerare da come ridevano devono essersi divertiti molto. Da allora l’arte non mi ha mai abbandonata. Ho esercitato le mie doti espressive in svariati modi, sia come autodidatta, usando anche le cabine per le foto tessere per definire le varie espressioni, che frequentando corsi di mimica, più precisamente un corso diretto da Marise Flach presso la civica scuola di arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano e scuole, come per esempio il CMI Club Magico Italiano, dove sono specializzato sia come mimo che come prestigiatore. esattamente a tre anni il mio spirito artistico il mio giro e esibirmi su di un palco davanti a tantissimi bambini e ragazzi che a considerare da come ridevano devono essersi divertiti molto. Da allora l’arte non mi ha mai abbandonata. Ho esercitato le mie doti espressive in svariati modi, sia come autodidatta, usando anche le cabine per le foto tessere per definire le varie espressioni, che frequentando corsi di mimica, più precisamente un corso diretto da Marise Flach presso la civica scuola di arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano e scuole, come per esempio il CMI Club Magico Italiano, dove sono specializzato sia come mimo che come prestigiatore. Da allora l’arte non mi ha mai abbandonata. Ho esercitato le mie doti espressive in svariati modi, sia come autodidatta, usando anche le cabine per le foto tessere per definire le varie espressioni, che frequentando corsi di mimica, più precisamente un corso diretto da Marise Flach presso la civica scuola di arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano e scuole, come per esempio il CMI Club Magico Italiano, dove sono specializzato sia come mimo che come prestigiatore. Da allora l’arte non mi ha mai abbandonata. Ho esercitato le mie doti espressive in svariati modi, sia come autodidatta, usando anche le cabine per le foto tessere per definire le varie espressioni, che frequentando corsi di mimica, più precisamente un corso diretto da Marise Flach presso la civica scuola di arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano e scuole, come per esempio il CMI Club Magico Italiano, dove sono specializzato sia come mimo che come prestigiatore.

Nella mia carriera mi sono esibito in migliaia di spettacoli in Italia e all’estero. E ‘ovvio che in questa sede non posso elencare ogni luogo o occasione nella quale sono esibito, troverete ogni dettaglio sul sito a me dedicato; https://eddybriskyshow.com/ Posso però dire che ho dato spettacoli in “150” città italiane. In Europa numerose tournèe mi hanno condotto in Svizzera, Francia, Germania Est DDR, Spagna, Cecoslovacchia, Belgio e Finlandia. Oltre continente mi sono esibito anche in Thailandia. Ho dato spettacoli anche su navi da crociera Ausonia. Di tutte queste occasioni in alcune altre sono cimentato oltre che come Mimo Magico anche come attore di teatro, scenografo, presentatore, come organizzatore, animatore, ideatore e regista.

Ho lavorato per la televisione nei canali privati ​​e sulla TV nazionale. Su Rai Uno ho partecipato a 24 puntate dello spettacolo in prima serata “Fantastico”, edizione del 1987, che è stata premiata come migliore dell’anno aggiudicandosi il telegatto. Su Rai Tre sono stati ingaggiati per lo spettacolo in onda tutti i giorni in primo pomeriggio di 80 puntate titolato “Jeans”. Oltre a ciò, sono stati intervistati in vari programmi con la partecipazione a volte di personaggi famosi come per esempio Marlee Matlin.

Ho partecipato alla fondazione della compagnia teatrale di mimo “Senza parole” è diventata famosa a livello internazionale. Come unico ideatore ho fondato i “Giochi senza Barriere” tenutesi in Sicilia. L’idea che poi ha trovato il gradimento dell’ordinamento nazionale della zona è stata seguita in seguito patrocinato il proseguo in svariate edizioni.

Non mi sono impegnato da solo in ruoli legati al mondo dello spettacolo e all’arte ma sono specializzati anche come docente di lingua italiana dei segni e culturali che contraddistinguono il mondo dei sordi.

Attualmente si è resa prepotente in me un aspetto dell’arte che è stata sconosciuta; quella dello scrittore. Sto infatti scrivendo un libro autobiografico che sono convinti potrebbe aiutare ad abbattere le barriere che contribuiscono a mantenere distanti due culture e due mondi: Quello dei sordi e quello degli udenti. In verità credo che tutto ciò che ho fatto nella mia carriera e in qualsiasi ruolo io sia sia impegnato, nel profondo del mio io, ho sempre usato usare le mie capacità artistiche come forma di comunicazione per rendere possibile l’unione o legame di due capi nel formare un bel fiocco, che permetta a queste due culture non di costringersi e soffocare ma di unirsi e comprendersi.

Questo desiderio ha mantenuto viva in me l’arte che viene un vulcano continua e continua, continuerà molto, a creare emozioni che mi ha aiutato e rendere questo legame realizzabile e questo fiocco bello e attraente.

Questa è la mia vera storia quando ero un lupetto!
Non dimenticherò mai ...io immerso nelle erbacce alte con l'ansia nel silenzio...

Prima puntata

ANSIA nel Silenzio...

Ora che ci penso, una volta riuscii a vincere lo stato di smarrimento che la parola DOPO inevitabilmente mi suscitava.

Dovevo avere più o meno dieci anni, l’età delle foto scattate nel mio ‘minuscolo teatro’ dallo sgabello girevole.

Estate. Caldo e aria profumata di erba di collina, in Brianza. Ero in vacanza con gli scout, unico bambino silenzioso in mezzo a un allegro sciame di bimbi con le bocche sempre in movimento.

Paolo, il mio assistente, era un tipo in gamba. Mi fidavo di lui. Mi piaceva il suo modo di fare e mi piacevano le sue idee.

Un pomeriggio mi fece capire che avrei potuto dare un grosso contributo ad un suo progetto. Si trattava di responsabilizzare i piccoli scout nel caso un bimbo che non poteva sentire o parlare, e quindi chiedere aiuto, si fosse perso.  

Il tutto si sarebbe svolto sottoforma di gioco. Mi spiegò cosa avrei dovuto fare già lungo la strada, mentre mi indicava di seguirlo e si inoltrava, eccitato come uno di noi bambini, in una sorta di bosco, con i miei occhi agganciati alle sue labbra e alle sue mani per capire di più.

Camminammo molto velocemente fino a raggiungere una radura simile ad un avvallamento, ad una grande conca di erba sbiadita e altissima.

 

“Allora, hai capito? Tu adesso fai finta perso. Aspetti qui dove faccio vedere. Fermo, mi raccomando. Aspetta un po’. Io vado a prendere bambini e li porto qui vicino. Poi tu urli… Capito? Provi a gridare: fai uscire aria forte dalla gola. Forte forte, d’accordo? Loro ti sentono e ti trovano. Così possono capire come aiutare bambino perso che non può sentire e parlare. Aspetta un po’, non subito, poi urla, va bene? Io DOPO torno.”

 

Fino alle parole “… Aspetta un po’, non subito, poi urla” tutto mi era più o meno chiaro e cominciava ad entusiasmarmi anche perché, aveva aggiunto, una volta avvistati i compagni, avrei dovuto recitare la parte dello stravolto, del bimbo terrorizzato che finalmente era stato soccorso.

E ormai avrete capito che, l’espressività del volto e la gestualità del corpo, erano il mio pane quotidiano. Grazie alla cabina di foto istantanee del Rondò e a infiniti esperimenti sulle sfumature della comunicazione non verbale, ero diventato un piccolo attore degno di Hollywood!

Ma quelle ultime maledette due parole: “DOPO torno” erano state capaci di ribaltarmi l’umore e di farmi precipitare nell’insicurezza e nel dubbio.

Come ho detto, Paolo mi piaceva e mi dava fiducia. Solo per questo non ebbi la solita rabbiosa reazione alla parola ‘DOPO’, che, in precedenza, aveva solo e sempre risvegliato la parte peggiore di me. … .. .

 

 

Prossima Seconda puntata

ANSIA nel Silenzio…

La mia biografia

"L'esperienza di guida di Edoardo"

Fu il bambino più giovane a ottenere la patente di guida ...

Alla tenera età di soli 4 anni nel 1961, i genitori di Edoardo gli comprarono un go-kart in un negozio di giocattoli; gli comprarono anche un vestitino e ovviamente un caschetto di sicurezza.
Edoardo si arrampicava sempre dappertutto perché curioso di vedere da vicino gli oggetti e capire a cosa servissero. Si metteva così in pericolo, rischiando di cadere. Nonostante le raccomandazioni, a causa della sua Sordità, la comunicazione con i suoi famigliari era limitata. Ma questo non ha mai impedito a Edoardo di fare quello che voleva, essere Sordo non lo avrebbe fermato, era come un’anguilla.
Edoardo amava la sua prima macchina, gli dava un senso di libertà. Poteva   agire in modo indipendente senza che nessuno invadesse il suo spazio. Su questa aveva il pieno controllo. Mentre pedalava con calma, si limitava a guidare lungo il marciapiede. Se voleva andare più forte i suoi piedini iniziavano a pedalare più velocemente anche se le  sue gambe non riuscivano sopportare lo sforzo. La comunicazione tra Edoardo e la sua famiglia era limitata a causa del fatto che era Sordo, ma i suoi genitori cercavano, attraverso la lettura delle labbra, le espressioni facciali, i gesti e il linguaggio del corpo, di comunicare nel miglior modo possibile. Vista l’età di Edoardo la comunicazione si basava molto sull’intuizione.
Il giorno in cui Edoardo ricevette la macchina a pedali, sua madre gli disse che avrebbe dovuto usarla solo sul marciapiede dove lei poteva tenerlo d’occhio dal loro appartamento al 6° piano. Questa raccomandazione Edoardo l’aveva capita, così iniziò a guidare la sua prima auto lungo il marciapiede in cui vivevano a Milano. Gli appartamenti erano situati su un marciapiede pieno di negozi e i residenti svolgevano le loro attività quotidiane. Mentre Edoardo andava avanti e indietro sul marciapiede con la sua macchinina, la madre  poteva  controllarlo dal suo balcone e osservare il giovane Edoardo. Ma c’era un problema. In effetti c’erano molti problemi.  In primo luogo, c’erano persone ovunque. Gli anziani e molti abitanti del quartiere facevano la spesa. Era difficile per un bambino andare avanti e indietro con un go-kart lungo il marciapiede, mentre numerose persone vi camminano. Secondo problema, il go-kart non aveva il clacson, 
quindi, per far sì che le persone si rendessero conto della sua presenza, Edoardo  gridava imitando il suono di una sirena e usava i gesti delle braccia per dire alle persone di spostarsi. Edoardo percorreva il marciapiede badando ai fatti suoi. Pedalava con cautela dietro i pedoni, ma c’era sempre qualcuno in mezzo. Questo lasciava solo un’opzione ed era girare intorno a queste persone con grande difficoltà, il terreno era molto irregolare il che rendeva la guida del go-kart difficile per Edoardo, spesso anche i pedali si bloccavano. Questa situazione creava in Edoardo una sensazione crescente di frustrazione. Spesso le persone gli urlavano contro gesticolando, esortandolo ad andare a giocare  in un’area giochi  dedicata ai bambini. Ma a Edoardo non importava quello che diceva la gente: “Questo è il mio marciapiede, la mia macchinina e la mia libertà”. Ne aveva abbastanza, voleva guidare liberamente. Le persone protestavano e imprecavano contro di lui e le sue piccole braccia dolevano a furia di sterzare per schivarle, i pedali continuavano a bloccarsi a causa del terreno accidentato. Le auto devono circolare sulla strada e non sul marciapiede. Questo era il motivo per cui Edoardo, si sentiva frustrato, ma curioso e sicuro di sé, decise così di andarsene dal marciapiede e pedalando velocemente, si incanalò nel traffico stradale della città, cercando di stare al passo con le autovetture.
È stato fantastico pensava Edoardo, che sensazione meravigliosa la libertà! Nessuno si intrometteva, la vecchia signora che prima sul marciapiede di casa si trascinava la spesa, ora sembrava che fosse solo un ricordo del passato. Sulla strada c’erano macchine che lampeggiavano e sfrecciavano vicino a lui, era felice! “Guardami” diceva a se stesso, “sto guidando, posso fare qualsiasi cosa, io sono uguale agli altri, posso guidare!” E’ fantastico pensava. Edoardo era riuscito a guidare la sua auto a pedali sulla carreggiata lungo il viale per circa 6 chilometri, con un grande sorriso sul volto si godeva la sua libertà.
Per fortuna quel giorno a quell’ora non c’erano molte macchine sulla strada.
Nel frattempo, la madre di Edoardo si sporse dal balcone e non vedendolo da nessuna parte si preoccupò per la sua vita. Corse giù per le sei rampe di scale mentre il suo cuore batteva all’impazzata. Non riusciva a trovarlo. Dov’era il suo bambino? Qualcuno lo aveva rapito? Era ferito? “È Sordo” pensava, “come farà a dire alla gente qual’è il suo indirizzo di casa? Ha solo 4 anni”. Tutti questi pensieri le stavano attraversando la mente. Non aveva altra scelta che chiamare i vigili urbani e denunciare la scomparsa del piccolo Edoardo. Nel frattempo però Edoardo fece retromarcia per ritornare a casa e lungo la strada del ritorno incontrò la madre che lo stava cercando. La madre felice di aver ritrovato il suo bambino, riaccompagnò Edoardo a casa, sano e salvo con il suo go-kart, e dopo averlo rimproverato, gli raccomandò di non guidare mai più in strada. La madre ricontattò i vigili urbani informandoli che Edoardo era stato ritrovato.

Mamma, per favore altri gettoni!

1964

1964 - 1968

Un bel giorno di febbraio, mia mamma ha pensato di farmi fare delle fotografie con il costume di carnevale… poco mi importava… ancora non immaginavo il mio futuro…  ma poi ho avuto un’idea…

Avevo circa 7 anni quando ho pensato per la prima volta a come avrei sviluppato il mio sogno di diventare un attore, percepivo che era nel mio futuro! Sono Sordo, chi mi avrebbe insegnato le espressioni facciali? Chi mi avrebbe insegnato allo stesso livello di uno studente udente? Volevo imparare il più possibile sulla recitazione.

Lo so, il cinema locale chiamato Rondò Piazza 4 Novembre di Sesto San Giovanni provincia di Milano, aveva una cabina automatica per fototessere, sulla parete laterale destra dell’ingresso.

Ho chiesto a mia madre se avesse dei gettoni e con mia sorpresa, me li diede. Sono corso dritto nella cabina per fototessere del cinema. Sono saltato sullo sgabello girevole, ma ero in grado di vedere solo la mia fronte, quindi sono saltato giù e ho cercato di regolare lo sgabello girevole alla mia altezza con la velocità consentita dalle mie piccole mani, questa volta sono riuscito a vedere sotto il mento, quindi ho fatto un altro giro dello sgabello e così ho potuto vedere tutto il mio viso all’altezza delle spalle.

Quindi, una volta seduto ho inserito i gettoni e ho sorriso …

Ho poi scattato le foto tessera automatiche. Sembravo normale …

Le ho rifatte con tante espressioni diverse, ero un po’ preoccupato sul risultato delle foto.

Quando poi le ho viste, ero proprio felice di queste foto, non vedevo l’ora di mostrarle a mia madre. Sono corso a casa e ho quasi sfondato la porta per mostrarle. Lei le ha guardate, ha sorriso e mi ha accarezzato la testa. Non volevo SOLO farla sorridere, volevo farla ridere, volevo che lei vedesse che potevo far ridere le persone con le mie espressioni facciali. Potrei essere un imitatore, questo potrebbe essere possibile per me se mi ci metto di impegno, potrei farlo da autodidatta. Non vedevo l’ora di tornare alla cabina per fototessere!

Pochi giorni dopo ho chiesto a mia madre qualche altro gettone. Era felice di darmi di più, era felice che fossi finalmente felice di fare qualcosa che mi piaceva. Avevo pensato a diverse espressioni facciali che avrei potuto fare, scattando foto sono stato anche in grado di essere il mio critico.

La successiva serie di foto cominciava a mostrare la mia personalità. Stavo facendo facce buffe….

Queste foto non dovevano offendere nessuno o collegarsi a nessuno, le ho interpretate da solo, volevo solamente vedere di cosa ero capace di fare con le mie espressioni facciali, in modo da poter valutare se queste espressioni mi avrebbero reso felice e fatto ridere, oppure no. Ma questo era un giudizio che mi sono dato da solo.

Questo è stato l’inizio di qualcosa di grande, è stato qui che ho capito di avere un talento, la mia faccia era come una gomma da masticare. Potevo fare smorfie e fare facce che altre persone non potevano fare. Inoltre ero consapevole di poter copiare personaggi famosi che mi hanno ispirato e colpito come ad esempio Jerry Lewis, che non parlava molto, tuttavia le sue espressioni facciali mi affascinavano, era un ragazzo davvero divertente.

1968

Imitatore Jerry Lewis

Una volta che ho mostrato a mia madre tutte queste foto, ha riso davvero di cuore. I suoi occhi erano luminosi, il suo sorriso era contagioso e la sua risata era sincera e spontanea. Questo è quello che volevo; questa era la reazione che volevo da sempre. La sensazione che questo mi dava era un senso di appartenenza, mi sentivo così felice di poter far ridere qualcuno in quel modo. È stata una sensazione così travolgente che mi sono convinto che io, Edoardo Brioschi, potevo diventare un attore.

Non avevo bisogno che qualcuno mi insegnasse, ero più che capace di farlo da solo. Le mie espressioni facciali stavano per far ridere il mondo, dai sorrisi sfacciati alla smorfia, ho continuato a far ridere il pubblico.

Edoardo Brioschi alias Eddy Brisky

Perseveranza...

Se voi poteste leggere le mie mani. Se!

“Se io volessi leggere le vostre labbra, se voi poteste leggere le mie mani. Se!”

Il mio risveglio è sancito da una forte luce intermittente che annuncia l’inizio della mia giornata. Faticosamente mi alzo dal letto, i miei piedi sul pavimento si ghiacciano all’istante… mi lavo in fretta, l’acqua fredda scivola sul mio viso come la lama di un rasoio, l’acqua è gelida, il dentifricio ha il sapore fresco della menta… mi pizzica la lingua, ma poi il profumo intenso del caffè che proviene dalla cucina mi spinge fuori dal bagno.

Sorseggio lentamente e assaporo il caffè che caldo mi scivola lentamente in gola e la fragranza dolciastra profumata delle brioche, mi fa venire l’acquolina in bocca.

Mi vesto in fretta sono in ritardo, veloce balzo in macchina… le vibrazioni del motore mi fanno il solletico le sento nel mio corpo ed è una bella sensazione parto veloce con il mio cambio automatico.

Ecco! La mia giornata ha inizio, sul mio posto di lavoro, i miei colleghi sono già alla macchinetta del caffè, parlottano fra di loro e ridono, forse si raccontano le avventure del passato weekend, li guardo, sorrido, vorrei urlare… voglio capire anch’io, ma la voce non mi esce, riesco solo a sorridere e fare gesti di saluto con la mano.

Ma di cosa staranno parlando? Lisa ha una faccia seria e preoccupata parla in disparte con una collega… cosa le sarà successo? Vedo le loro labbra rossastre e umide muoversi frenetiche,   scandiscono frasi a me incomprensibili… parole che scivolano veloci di cui mi sfugge il significato, vorrei capire, vorrei sapere, vorrei dire piano … parlate lentamente parlate più lentamente non vi capisco… le parole corrono come un treno in corsa quando guardo fuori dal finestrino, scorrono veloci, ma faccio finta di nulla, con un sorriso di circostanza dico qualche battuta scherzosa, ma ho la sensazione che qualcuno di loro stia facendo qualche commento su di me, mi guardano… poi Marco mi sorride e mi chiede come va? Il suo sguardo mi rincuora, ma poi Marco se ne va.

Io vorrei chiedere, sapere, capire di cosa stanno parlando, voglio capire!  Vorrei gridare: “Io non sento, ma la vostra mente è sorda! Possibile che non capiate che cosa significa nascere e vivere da sordo? È inutile spiegarvi se non volete capire.”

Avete mai provato a vivere in un collegio o in un istituto per sordi, a prendere le botte dai preti, perché era proibito usare la lingua dei segni? 

Voi che non conoscete la lingua dei segni LIS, avete mai provato ad essere l’unico udente insieme a mille sordi che parlano con la lingua dei segni e voi non la conoscete?

Con voi mi sembra di essere in un film a colori senza audio, senza musica, senza parole.

Noi sordi abbiamo un diverso modo di comunicare, non basta saper leggere le labbra per capire, poiché il movimento delle labbra è uguale per alcune parole, con significati diversi: “detto, tetto, sesso” molte parole possono essere equivocate. Io sono un sordo segnante, conosco la LIS, Lingua dei Segni Italiana, quella Internazionale.

Quando voi mi parlate, immaginate dei sub che parlano sott’acqua, la voce non si sente, sembra di essere in un acquario, come pesci che boccheggiano.

Sono sordo, ma se volete vi aiuto a capirmi… se io volessi leggere le vostre labbra, se voi poteste leggere le mie mani! Se!

Penso tutto questo mentre guardo i miei colleghi di lavoro e non dico nulla.”

 

Edoardo Brioschi

Prossimo aggiornamento con le mie nuove fotografie in autoscatto…

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